di Franco Astengo
Nel corso della seduta inaugurale del nuovo ciclo amministrativo il neo-sindaco Marco Russo ha pronunciato un intervento come non si ascoltava da diverso tempo nell’aula del nostro Consiglio Comunale.
Nelle parole del nuovo Sindaco è stato ripreso un concetto ormai desueto in questa “società dell’apparire” che ha originato la forma particolare della “democrazia recitativa”.
L’idea di fondo che ha presieduto l’intervento è stata quella dell’ “umiltà dell’agire politico”.
Un’umiltà esercitata su due punti fondamentali:
a) considerare l’istituzione come soggetto impersonale prevalente sull’ambizione dei singoli; b) cercare di analizzare la crisi della democrazia (oggi in pieno svolgimento) partendo proprio dal dato elettorale espresso proprio nel voto della nostra Città: dato elettorale che ha visto prevalente la disaffezione e il distacco evidenziatisi con la scarsa partecipazione al voto . Alla fine, nel turno di ballottaggio, si sono espressi 22.702 voti validi su 49.658 aventi diritto pari al 44,91% e i 13.883 suffragi raccolti dal nuovo Sindaco hanno rappresentato soltanto il 27,95% dell’intero elettorato.
Aver dimostrato di essere intellettualmente in grado di raccogliere questo messaggio non deve significare semplicemente la presentazione di un saggio di onestà intellettuale (e sarebbe già tanto) ma anche di volersi impegnare in una sfida.
Sorge interrogativo: come può un’amministrazione comunale stretta tra mille emergenze interne ed esterne impegnarsi in questo discorso di espressione di un’ intenzione di affrontare la evidente crisi della democrazia?
In realtà la domanda è anche al centro della riflessione in corso nell’inca, riunita in queste ore in assemblea a Parma ,e forse sarebbe il caso di riflettere sui termini possibili di una ripresa di associazionismo progressista interno al sistema degli enti locali: ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano.
Torniamo allora alla piccola, periferica Savona: l’interrogativo che era presente nell’intervento che si sta analizzando riguarda tutta la Città, i suoi soggetti politici organizzati, le sue aggregazioni culturali (che pure hanno fornito un contributo rilevante nel frangente elettorale), i suoi corpi intermedi, le sue istituzioni economiche e associative, le semplici cittadine e cittadini.
Beninteso: la risposta non può stare semplicemente nei risultati concreti che si avranno attraverso l’impegno della nuova amministrazione. Risultati di cambiamento nella qualità della vita cittadina che pure sono molto attesi e che verranno giudicati con grande attenzione ma che potranno arrivare soltanto comprendendo la complessità dei processi in atto sul piano economico, sociale, culturale.
E’ necessario reclamare prima di tutto un mutamento di clima nella capacità di chi intende esercitarsi nell’agire politico.
Un impegno di presenza e di partecipazione politica collettiva che potrà essere condotta soltanto attraverso una ricerca di stretta connessione con l’impianto delle presenti (e da accrescere) strutture culturali.
Sarà però essenziale mantenere quella capacità di muoversi proprio sul piano di quell’umiltà che porta alla considerazione di una centralità delle istituzioni.
La centralità delle istituzioni democratiche (e in particolare dei consessi elettivi dal Parlamento sino all’idea di costruzione di nuovi strumenti del decentramento cittadino) rimane a dispetto dell’alternarsi di chi le frequenta e le governa.
Una centralità delle istituzioni democratiche da esercitarsi sempre in funzione dell’interesse generale dettato dalla Costituzione (un fatto questo molte volte disatteso nel passato da precedenti amministrazioni di diverso formato politico).
La centralità delle istituzioni democratiche costituisce l’ elementi decisivo il cui sviluppo non può toccare un singolo ma che richiama la responsabilità di tutti coloro che, fuori e dentro gli apparati, intendono affrontare con coraggio questa situazione così complessa e per certi versi inedita.
Appunto “l’umiltà dell’agire politico”.
Savona non può mancare questo appuntamento arrendendosi ad un declino che non possiamo e non dobbiamo accettare.