a cura di Fulvio De Lucis
Si inserisce il concetto di “capitalismo crepuscolare”, come sottofase dello sviluppo del modo di produzione capitalistico , e l qui ripensare alle dinamiche di classe e alla configurazione dei soggetti che agiscono politicamente e storicamente al suo interno.
Dentro queste, “il nodo della violenza nasce intrinsecamente in seno a queste dinamiche e come la violenza ed il suo inasprimento siano un portato necessario dello sviluppo di strutturazioni sociali complesse”.
Essenziale per cui è la CRISI del concetto di persona, vista come la chiave istituzionale, giuridica del mondo borghese ,che ha avuto anche momenti di rivendicazione e di lotta progressista. Contro l’ ancien régime è l’affermazione dell’universalità della persona, in generale, il principio fortemente positivo. Fineschi lo legge come un punto chiave: “la storicità di queste categorie implica che una categoria come quella di persona abbia una funzione storicamente progressiva in un determinato momento di sviluppo dei rapporti di forza e che possa averne una negativa, o diversa, in altre fasi.
Perché nella teoria di Marx, che fa da orizzonte di riferimento in queste considerazioni, un concetto chiave è quello della storicità dei soggetti e dei modi di produzione; nel caso specifico ciò significa che, secondo Marx, l’uomo in generale non esiste, la persona astratta non esiste come dato naturale, è piuttosto essa stessa risultato di processi storici, di modificazioni dei modi di produzione che implicano esattamente che questo stesso concetto di uomo in generale si produca storicamente.
Si tratta di un punto veramente chiave, perché tutta l’ideologia borghese si basa sul naturalismo della persona, cioè sul ritenere che uomo e persona siano la stessa cosa”.
Questa è la grande funzione storica della filosofia di John Locke, che teorizza come i diritti naturali, l’uguaglianza, la libertà e ovviamente la proprietà, facciano parte dello stesso pacchetto.
Se noi pensiamo in termini di persona l’uomo come tale, se riduciamo le nostre rivendicazioni politiche alla personalità, ci vincola a un contesto di senso borghese che non riusciamo a spezzare.
Ma si è in grado di andare oltre?
E nelle condizioni attuali, si complica, per esempio, la rivendicazione dei diritti personali è nuovamente diventata un elemento progressista, perché a molti esseri umani è negata la personalità, quindi rivendicare per loro il diritto a essere persone. Pensiamo alle migrazioni di massa oggi di migliaia di disperati senza diritti in cerca di accoglienza e sistemazione.
Non è negare la rivendicazione della personalità il problema, ma credere che questo sia sufficiente, cioè che ristabilire i diritti della persona come tale a livello universale ci liberi dal modo di produzione capitalistico e dallo sfruttamento.
Cioè non è basta mettersi solamente a posto la coscienza o praticare un pur giusto umanitarismo civile.
Come non riflettere su primi capitoli del Capitale e nei Grundrisse, che la persona è la forma di soggettività che ci viene imposta dalla circolazione delle
merci: libertà, uguaglianza sono le precondizioni del mercato. Solo in quanto libero e uguale e titolare di proprietà io posso essere uno scambiante ed è proprio il modo di produzione capitalistico che universalizza questo concetto a tutta la specie umana.
Ha certamente una dimensione progressista, ma ridursi alla libertà ed eguaglianza a livello personale si scivola in una visione di aspetti positivi del modo di produzione capitalistico,un utopismo alla Prudhomme,e non caschiamo nel comprensibile “meglio che niente”, comprendendo che questi concetti fanno parte di questo modo di produzione letti come libertari ma di una ideologia individualistica e loro figli.
Dobbiamo misurarci con la sua dimensione progressista anche come legittima rivendicazione, che non può essere l’orizzonte di senso di una conflittualità sociale che pretenda un cambiamento strutturale.
Un processo sociale complesso e difficile che ha visto il movimento operaio affrontarlo a fasi alterne dividendosi, ad esempio, tra rivoluzionari e riformisti, statalisti e consiliaristi e così via.
Ma il Marx, marxiano, insisteva nel mostrare che libertà, eguaglianza, proprietà sono il modo in cui i soggetti del processo si relazionano alla superficie della società, ma non costituiscono l’analisi strutturale della dinamica storica di trasformazione.
Secondo Marx, i soggetti strutturali di questa dinamica storica sono le classi. Questa la critica fondamentale al mondo politico, economico, “borghese”: i soggetti storici non sono gli individui, sono le classi.
E una semplificazione, una interpretazione riduzionistica, un parametro sociologico di ceti?
Quella che invece Marx propone, a lettura di Fineschi, è una definizione funzionale di classe, vale a dire fondata sul ruolo che le classi come soggetti, come incarnazione delle forze di produzione, si trovano a svolgere nei rapporti di produzione.
Il nesso concettuale fondamentale è il rapporto tra capitale e lavoro salariato, è questo il dualismo di fondo che propone.
È una prospettiva molto più ampia della pur complessa e importante figura dell’operaio di fabbrica.
E oggi, questo soggetto, dove è dislocato, quale soggettività esprime, quale conflittualità e alternativa?
È quanto proponevo su altro scritto sul senso di essere comunisti oggi in merito al centenario del 1921, superando la generica dicitura di essere di sinistra.
Fineschi sostiene che la funzionalità del lavoro salariato nella prospettiva della valorizzazione con tutte le modifiche che il modo di produzione capitalistico impone alle dinamiche del lavoro sono categorie che funzionano ancora, che il punto chiave è tuttavia comprendere i mutamenti di forma che il processo lavorativo subisce una volta che diventa capitalistico: questi sono sostanzialmente il carattere cooperativo, parziale e appendicizzato del lavoro in una
condizione di subordinazione alla valorizzazione del capitale.
In questi termini, queste categorie funzionano veramente ad ampio spettro, vanno a individuare come potenziali soggetti politici antagonisti del capitale tutta una serie di figure che in precedenza venivano escluse perché non erano l’operaio di fabbrica o riconducibili all’operaio.
In questo senso questa distinzione è molto importante perché apre moltissimo lo spettro di applicazione della teoria marxiana delle classi.
E qui si apre la riflessione sul capitalismo crepuscolare da sviluppare in un successivo contributo.