di Franco Astengo
Si può trovare una linea di confine nella storia recente di Savona, dalla Liberazione ad oggi.
Fatta salva la constatazione di limiti e contraddizioni che hanno attraversato l’intera storia dell’amministrazione cittadina la differenza tra le giunte di sinistra in carica (salvo brevissima parentesi) tra il 1945 e il 1993 e quelle successive rette dal centro-sinistra tra il 1998 e il 2016 (sarebbe un eccesso di generosità formulare giudizi sull’amministrazione in carica) si può riassumere come residente nella diversità di concezione dell’interesse generale e nella differenza di rapporto con gli interessi costituiti delle corporazioni imprenditoriali.
Nel primo caso, tra il 1945 e il 1993, si ricercò comunque di perseguire un quadro di interessi collettivi in una Città sostanzialmente omogenea dal punto di vista della composizione sociale;
nel secondo caso, quello racchiuso nella fase a cavallo del nuovo secolo, si è evidenziata una sostanziale subalternità a interessi di carattere particolaristico e privato in una Savona assolutamente
trasformata dal punto di vista sociologico in una dimensione di complessità (invecchiamento, immigrazione) dovuta alla crisi industriale.
E’ necessario allora tornare all’impostazione originaria, quella dell’interesse e della regia pubblica, coniugandola con una forte capacità d’innovazione progettuale e di visione, cogliendo un dato di fondo: la sfida fondamentale che proviene dall’emergere del nuovo paradigma tecnologico .
Quella sfida che sta nello spostamento verso il modello di crescita e sviluppo fondato sulla “Città inclusiva”.
Attorno all’idea di un ritorno all’idea dell’interesse generale debbono essere raccolte le forze migliori di cui può disporre in questo momento la società savonese, evitando accuratamente un richiamo alla stagione del privato particolaristico nel corso della quale si è realizzata l’ultima fase di accelerato declino.