William Morris è stato un artista e scrittore inglese, tra i più conosciuti fondatori del movimento Arts and Crafts.
Nato il 24 marzo 1934 a Walthamstow, un sobborgo di Londra, si è dedicato principalmente a studi sull’architettura ed al design, di cui è stato uno dei più validi interpreti del suo tempo, creando bellissimi motivi floreali che sono riprodotti ancora oggi.
Morris è stato anche un socialista convinto ed ha partecipato alla nascita del movimento socialdemocratico ed a quello della Lega dei socialisti in Inghilterra, collaborando con Marx ed Engels.
Proprio da un immaginario dibattito alla Lega dei socialisti inizia il suo libro “Notizie da nessun luogo” (News from Nowhere), tradotto nel tempo in Italiano anche con i titoli “Cronache da Utopia” o la “Terra promessa”, titolo quest’ultimo con cui potete trovarlo gratuitamente in formato elettronico sul sito Liber Liber.
Il libro narra di un viaggio nel tempo, in un’epoca in cui la nuova società senza classi si è oramai da tempo affermata, e descrive le condizioni di vita quel mondo tranquillo in cui la bellezza delle persone e della natura, riportata al suo splendore, si accompagna a rapporti umani sinceri, svincolati per sempre dall’idea del profitto e dell’accumulazione.
E’ un libro che vale la pena di leggere non tanto, forse, per inseguire quell’improbabile sogno, quanto piuttosto per continuare, nella difficile odierna realtà, la ricerca e la costruzione di un mondo nuovo.
Di seguito riportiamo l’introduzione del libro, tratta da Liber Liber

La terra promessa di William Morris
“Una notte, su alla Lega, mi dice un amico, vi fu una discussione accademica abbastanza vivace, intorno a ciò che accadrebbe alla dimane della rivoluzione, terminata alfine in una energica esposizione dei proprî concetti sull’avvenire della nuova società nel suo pieno sviluppo, che ognuno dei varî amici volle enunciare.
Tenuto conto del soggetto, continua il nostro amico, la discussione fu corretta; perchè gli astanti, avvezzi alle pubbliche adunanze e alle discussioni che sempre vengon dopo le conferenze, se non si ascoltarono vicendevolmente (il che non era ad aspettarsi), neppur tentarono di parlar tutti insieme, come suole di consueto accadere nella società civile, quando il conversare è cosa interessante per quelli che vi prendono parte. Dippiù, si trovavano riunite sei persone, e in conseguenza sei sezioni del partito erano rappresentate; delle quali quattro di saldi principî, ma dalle altre divergenti, perchè anarchiche. Una delle sezioni, cioè un individuo, che il nostro amico dice di conoscer molto bene invero, stette quasi silenzioso al principio della discussione; ma alfine si lanciò in essa a capofitto, prorompendo in invettive e tacciando tutti di matti. Seguì un gran brusìo, indi la calma, durante la quale la sezione dianzi accennata, dopo aver detto buona notte molto all’amichevole, si diresse tutta sola alla sua abitazione, posta in un suburbio occidentale della città; servendosi di quei mezzi di locomozione, che la civiltà ci ha imposti come una consuetudine. Sedutosi in quel bagno a vapore della umanità affrettata e scontenta, vale a dire in un vagone della ferrovia sotterranea, egli, come gli altri, cominciò a bollire a fuoco lento. Nel frattempo, ripensando a tutti gli argomenti eccellenti e conclusivi, che avea sulla punta delle dita, e che pur gli erano sfuggiti nella passata discussione, non ristava dal muoverne rimprovero a sè medesimo. Pure, assuefatto com’era a questo suo difetto di mente, non vi pensò più oltre e, dopo un breve momento di sconforto, dopo un certo disgusto intimo, che venivano dalla coscienza di non aver saputo conservare il suo sangue freddo (difetto al quale era anche assuefatto), si ritrovò a un tratto meditando sul soggetto della discussione, e si sentì ancora scontento, infelice.
– Se potessi vederlo per un sol giorno – disse fra sè; – nient’altro che vederlo!
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