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Considerazioni e proposte per Savona

di Maria Teresa Carbone

SITUAZIONE ABITATIVA

In città sono presenti diverse centinaia di appartamenti delle dimensioni più varie non utilizzati.

I valori di vendita di quelli di dimensioni più piccole sono diminuiti rispetto al passato poiché la presenza della pandemia ha portato molti al lavoro da casa e a dover vivere gli spazi più a lungo, magari con la famiglia e quindi ad avere la necessità di ambienti più ampi. Di contro sono aumentati molto i valori degli immobili più grandi, per non parlare poi delle case con giardino, anche nelle estreme periferie.

Per gli immobili in affitto si assiste invece alla crescita del canone mensile pur in presenza di appartamenti fatiscienti, con impianti – idraulico ed elettrico – non del tutto a norma. Soprattutto, la maggior parte delle offerte riguarda immobili ammobiliati per i quali è possibile stipulare contratti non residenziali (i classici 4+4 o 3+2). I mobili spesso sono di pessima qualità e vetusti forse perché i proprietari hanno acquistato per altre abitazioni mobili nuovi con il bonus mobili messo a disposizione due anni or sono e quindi ora li riciclano.

Sono praticamente inesistenti le proposte di affitto di immobili a canone concordato con l’amministrazione comunale.

Gli agenti immobiliari, che in qualche misura indirizzano e condizionano il mercato soprattutto nel proporre ai proprietari soluzioni le più disparate e fantasiose (compresa quella di predisporre una fidejussione annuale favore del proprietario con ovviamente costi aggiuntivi per l’inquilino), sostengono spesso che piuttosto che affittare ad un prezzo equo e commisurato alla qualità dell’immobile, i proprietari preferiscono lasciare l’appartamento vuoto. Evidentemente i costi di tasse, imposte e utenze varie non sono poi così elevati come si dice.

Come si può con una situazione simile pensare che la città possa essere attrattiva per “cervelli” esterni o per gli stessi giovani residenti quando la metà dei redditi deve essere spesa per l’affitto cui poi vanno aggiunte le altre spese per utenze? Come si possono dare risposte a famiglie in difficoltà o a pensionati con redditi minimi?

Incentivare gli affitti a canone equo (nessun riferimento all’equo canone!) attraverso una modulazione delle imposte comunali (più basse a chi affitta a canoni concordati e più alte a chi preferisce lasciare gli immobili vuoti piuttosto che diminuire le pretese) non potrebbe rappresentare una soluzione?

VERDE

Il territorio del Comune di Savona, al di fuori del centro abitato, si caratterizza per grandi spazi verdi percorsi da una fitta rete di agevoli sentieri e per la presenza di boschi antichi e maestosi. Ormai da diversi anni tutto versa in stato di abbandono e può rappresentare fonte di pericolo vero nel caso di incendi. Anni che furono le prime avvisaglie della protezione civile nacquero proprio dalle squadre antincendi che si occupavano prioritariamente della pulizia dei sentieri, indispensabile nei casi di interventi di emergenza, squadre composte in primo luogo dagli stessi abitanti dei luoghi che volevano contribuire fattivamente alla conservazione del patrimonio verde. Oggi sono rimaste pochissime cascine abitate, con persone anziane che non hanno la forza né fisica né economica per proseguire quei lavori. Ma non andrebbe disperso il grande patrimonio di esperienza e di conoscenza dei luoghi da parte di questi residui abitanti, patrimonio da utilizzare a favore dei giovani in termini di formazione e supporto. L’intervento necessario da parte dell’amministrazione comunale dovrebbe essere quello di favorire la nascita di cooperative di giovani – istruiti e formati sulla gestione del verde – da utilizzare per la ripulitura dei sentieri ed il mantenimento del sottobosco con l’intento oltre che di salvaguardia anche di valorizzazione a fini turistici (percorsi guidati, punti di ristoro). Esistono in tal senso diverse linee di finanziamento sia regionale che direttamente europee che non vengono utilizzate.

Inoltre viene da chiedersi come mai il patrimonio immobiliare di Opere Sociali (cascine e terreni), particolarmente rilevante nella zona verso il Santuario, non possa essere utilizzato per favorire la nascita di aziende agricole di giovani che troverebbero nelle vicinanze delle città la possibilità di vendita diretta dei prodotti, con vantaggi per loro e per i cittadini savonesi. In molte altre regioni ormai questo fenomeno è consolidato e contribuisce oltre che a fornire un reddito per tante famiglie giovani anche al mantenimento e la custodia del patrimonio verde.

RETE COMMERCIALE – negozi

La normativa vigente in materia – di forte liberalizzazione – non consente molti interventi pubblici nel guidare il fenomeno delle aperture di nuovi locali, Nel passato, con un commercio sottoposto a contingentamento, operando su singole zone o specifiche tipologie merceologiche, si potevano meglio programmare le presenze di attività sul territorio, guidando le scelte degli imprenditori. L’avvento ed il proliferare dei contratti di franchising che di fatto ha trasformato i titolari dei negozi (soprattutto del settore abbigliamento) in dipendenti dei marchi più diffusi, ha fatto venir meno lo spirito di iniziativa del singolo e spento quel rischio di impresa che costituiva l’elemento più importante della vitalità del settore. La contemporanea diminuzione delle piccole imprese artigiane sartoriali, messe fuori mercato dall’avvento della globalizzazione (quindi sfruttamento della manodopera a basso costo soprattutto asiatica) ha standardizzato l’offerta. Sono pochissime le realtà di soggetti che ancora creano prodotti in autonomia e riescono ad offrire un prodotto di qualità. I prezzi però si rivolgono necessariamente ad elite e non al grande pubblico. Questi soggetti lavorano, ma sono veramente una minoranza non significativa nel quadro generale. Il fenomeno delle vendite on-line ha aggravato la situazione. Si è puntato sui prezzi contenuti (anche qui sfruttamento della manodopera e riduzione massima dei margini di guadagno delle imprese produttrici a tutto vantaggio della distribuzione) e sulla comodità del servizio direttamente a casa.

Il settore alimentare ha risentito molto del proliferare di supermercati di vario genere (soprattutto hard-discount). Questa forma distributiva certamente può offrire prezzi più bassi (tralasciamo considerazioni sui contenuti qualitativi) ma il commercio tradizionale non ha saputo reagire puntando sul servizio al cliente (accoglienza, consegna a domicilio, ecc.). La catena distributiva dell’ortofrutta di prossimità è quasi inesistente, il mercato all’ingrosso non è attrattivo per la produzione locale, si è visto il proliferare di piccoli esercizi soprattutto da parte di extracomunitari (alcuni anche di una certa qualità) che hanno loro canali di approvvigionamento, lontani dalla città, anche se efficienti. Fuori dall’ortofrutta stanno reggendo solo negozi specializzati con prodotti di qualità ma ovviamente rivolti ad una cerchia non ampia di consumatori.

L’unica arma in mano all’amministrazione è quella di aiutare i piccoli negozianti a costruire una rete di servizi (dalla consegna a domicilio alla creazione di campagne promozionali mirate, da una migliore accoglienza dei clienti – compresi quei pochi stranieri che ancora arrivano con le crociere – all’utilizzo delle vetrine per pubblicizzare attività pubbliche) stimolando anche le associazioni di categoria che non hanno avuto in questo periodo alcun ruolo nel sostenere od indirizzare gli associati.

RETE COMMERCIALE – ambulanti

Questo settore è sempre stato il più reattivo e flessibile rispetto alle situazioni di crisi, ma oggi risente sia del calo complessivo dei consumi che della scellerata scelta di aver spostato il mercato settimanale ( da sempre vero polo attrattivo per gli abitanti della città ma anche dei comuni vicini) nelle vie del centro. L’operazione ha avuto l’effetto di disperdere i banchi su una superficie vastissima senza alcun collegamento logico, smembrare la “piazza del mercato” da sempre carta vincente della categoria, creando notevolissimo disagio alla clientela (che spesso non riesce nemmeno a valutare e confrontare le offerte presenti) e aggravando la situazione economica degli operatori sin quasi alla distruzione una aggregazione commerciale che ancora offriva una certa risposta alle esigenze di acquisti dei cittadini. Creando inoltre una situazione di appesantimento della viabilità cittadina, introducendo altresì elementi di poca sicurezza (passaggio di mezzi di soccorso nel caso di incidenti), aumentando le spese di pulizia e raccolta rifiuti. Bisogna lavorare di concerto con la categoria per trovare soluzioni alternative diverse e più valide.

PUBBLICI ESERCIZI – bar/ristoranti

Il settore, specie quello dei bar, si è trasformato negli ultimi anni in un ubriachificio, purtroppo non solo nella nostra città. Servizio sempre più despecializzato, che risponde solo alle esigenze di riempire di alcool il bicchiere dei clienti nel modo più semplice e veloce. Nessuna ricerca di una propria linea di offerta, di selezione dei prodotti, di valorizzazione della qualità ma solo risposte quantitative e neppure a basso costo. La darsena, che doveva essere il fiore all’occhiello della città, il nuovo quartiere per accogliere il turista, è diventata un susseguirsi di piccolissimi locali quasi insignificanti, senza una propria immagine specifica e fonte di rumori e sporcizia. E’ questo che si vuole offrire ai giovani per trascorrere il loro tempo libero al di fuori del lavoro? Nessuna altra ipotesi di aggregazione, di offerte alternative (che pure altrove sono state sperimentate)? Sulla ristorazione è ancora più pesante l’effetto dell’improvvisazione, anche sotto l’aspetto della sicurezza alimentare. La qualità che pure viene offerta da scuole professionali presenti sul territorio, viene spesso mortificata sull’altare del risparmio sui costi del personale. Quindi anche qui globalizzazione e fast-food. Ma i prodotti tipici?

STRUTTURA COMUNALE

Sarebbe importante l’inserimento nella pianta organica della figura di un agronomo  incaricato della verifica dello stato del verde nei giardini comunali. Quindi controllo dello stato di salute degli alberi (per evitare cadute che possono dimostrarsi pericolose) ma soprattutto scelta delle essenze da impiantare in funzione della zona, dell’utilizzo (se calpestabile o no, ecc.) e della tipologia di terreno. Il coinvolgimento dei soli architetti è senz’altro apprezzabile ma poi i risultati si scontrano con la reale fruizione del bene. Inoltre è diventata indispensabile la creazione di un ufficio che si occupi di seguire tutte le linee di finanziamento regionali ed europee e sia in grado di predisporre i progetti relativi sia a favore dell’amministrazione sia come supporto in progetti che, pur se di iniziativa privata, abbiano un qualche interesse per la collettività. Sarebbe inoltre utile un ripensamento sul ruolo dei dirigenti in riferimento sia alla reale competenza di ciascuno in ciascun specifico settore sia ad un diverso approccio del rapporto che deve esistere tra questa figura, gli amministratori e la rimanente parte del personale. E’ sempre vero che le scelte su dove e come intervenire le faccia realmente l’amministrazione? E’ possibile che solo perché un progetto non piace ad un dirigente (anche in assenza di reali motivazioni tecniche) tutto si fermi? E che gli obiettivi da raggiungere di un dirigente spesso siano funzionali solo al suo soddisfacimento economico?

AMMINISTRATORI

Provocatoriamente, non sarebbe possibile che da questa città possa nascere una proposta tale per cui gli amministratori eletti, prima di esercitare le loro effettive funzioni, partecipino a corsi di formazione sul funzionamento della macchina comunale? (Naturalmente discorso analogo può essere fatto per la Regione o per il Parlamento).

Possibile che si possa governare una città senza conoscere, ad esempio, la differenza di competenze tra i vari organi (Consiglio, Giunta, Sindaco) e la differenza di ruolo tra amministratori e funzionari e che l’esperienza in merito debba essere acquisita sulla pelle dei cittadini?

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